Gli orientamenti pastorali della CEI per il decennio 2011-2020 fanno dell’educazione il loro fondamentale obiettivo, con un riferimento esplicito al Vangelo: Educare alla vita buona del Vangelo. Fra “le molteplici dimensioni dell’azione educativa” che “lo Spirito del Signore Gesù suscita e alimenta” viene citata proprio la dimensione missionaria: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8). È lo Spirito a formare la Chiesa per la missione, la testimonianza e l’annuncio. Grazie alla sua forza, la Chiesa diventa segno e strumento della comunione di tutti gli uomini tra loro e con Dio, manifesta l’amo- re fraterno da cui ciascuno può riconoscere i discepoli del Signore (cfr. Gv 13,35) e proclama in ogni lingua le grandi opere di Dio tra i popoli (cfr. At 2,9-11)” (n. 24 b). Di questa dimensione dell’educazione cristiana il CMD diventa direttamente responsabile nella Chiesa locale. E non è una piccola responsabilità, perché, come diceva la Nota L’amore di Cristo ci sospinge (1999): “… il fuoco della missione dovrà animare l’intera formazione cristiana, in tutte le sue tappe e in tutte le sue manifestazioni. Non può restare un capitolo che si aggiunge a parte. Perché non c’è verità di Dio, non c’è aspetto del Vangelo che non abbia in sé, implicitamente o esplicitamente, una nativa direzione universale. L’itinerario della formazione cristiana deve essere missionario fin dall’inizio, non soltanto nelle sue ultime tappe, quasi a conclusione” (n. 6a).

Non esiste una precisa delimitazione fra animazione, cooperazione e formazione: ogni momento e ogni segno di animazione devono essere formativi; così ogni atto di cooperazione deve avere una valenza educativa; e gli atti di cooperazione che diseducano vanno eliminati, anche se portano vantaggi economici.

La formazione si contraddistingue, rispetto all’animazione e alla cooperazione, per tre elementi:

  • anzitutto, essa non è un momento o un atto, ma un percorso nel quale momenti e atti sono ricompresi. La formazione esige un programma o progetto con obiettivi e una meta;
  • in secondo luogo, nella formazione è chiara la necessità di un dialogo particolare che è quello tra formatori e formati, si potrebbe dire tra maestri e discepoli, poiché il dialogo non è mai unidirezionale;
  • infine – e soprattutto – la formazione è un processo unitario che mira alla complessiva “personalità cristiana” e perciò deve integrare i vari aspetti, senza trascurarne nessuno di essenziale.

La formazione alla missione è uno di questi e non può né deve essere separato da tutto ciò che concerne la formazione cristiana integrale. Non aiutano la missione persone poco capaci di dialogare con tutti i carismi e i ministeri, poco aperte al mistero unico della fede e della Chiesa.

Parlando di “formazione alla missione” bisogna chiaramente distinguere fra i diversi soggetti della missione. Tutti devono avere una formazione alla missione, ma non tutti allo stesso modo.

  • C’è una formazione missionaria “di base” per tutti i cristiani, che deve essere fatta attraverso la predicazione, la catechesi, la liturgia e la vita di carità della Chiesa, ma per la quale non devono mancare momenti specifici, adatti alle varie età e condizioni, come corsi, esperienze, incontri, in particolare con chi ha vissuto la missio ad gentes o con chi da essa è stato raggiunto.
  • C’è poi una formazione speciale per coloro che hanno una vocazione particolare per la missione. E siccome tale vocazione ha diverse forme e si coniuga con diversi stati di vita – religiosa, sacerdotale, laicale per singoli o persone sposate – anche la formazione assumerà itinerari diversi.

Dal Vademecum del Centro Missionario Diocesano, Missio Italia

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