I mesi appena passati sono stati difficili e di grande incertezza.

Per alcuni, purtroppo, sono stati anche di dolore.

Per questo solo marginalmente faremo degli accenni personali per dirvi come abbiamo potuto essere insieme con gli amici che ci accompagnano, anche se impossibilitati ad uscire da casa causa anagrafe. Qui in Turchia, infatti, abbiamo avuto un lockdown completo di tre mesi, per le persone al di sopra oppure al di sotto di una certa età.

Un nuovo Libro dell’Esodo?

Per Gabriella e per me il telefono è stato il sostituito delle nostre gambe o di un mezzo per poter raggiungere Van o anche più semplicemente i quartieri di Istanbul.

Pochi giorni fa abbiamo parlato con M. e a questo proposito ci fa piacere dirvi qualcosa di quella conversazione perché ci ha colpito molto.

M. viene dall’Afghanistan ed è a Van da cinque o sei anni. E’ entrato a far parte della piccola Comunità protestante iniziando con passione un percorso personale e di studio della Scrittura con l’aiuto del Pastore che gli sta permettendo di crescere nel suo cammino umano e di fede.

“Sapete, ci ha detto, credo che sarebbe importante scrivere un secondo libro dell’Esodo aggiornato ad oggi. Ho vissuto 50 anni, quasi tutta la mia vita fino ad oggi, nella ‘nostra’  terra, l’Afghanistan, per dovermi poi arrendere e ammettere che ‘nostra’ non lo è mai stata. Altri popoli, nazioni, eserciti sono arrivati a rotazione, sempre però come occupanti, per insegnarci come dovevamo organizzare la società, come pregare e anche come non pregare, come vestirci, come impedire alle ragazze di andare a scuola. Ci hanno anche spiegato quanto fossimo fortunati ad abitare una terra, la ‘nostra’, così ricca di risorse naturali, di minerali, di olii greggi, ma… a noi restavano sempre e solo… greggi di capre e pecore per vivere.

Come gli Israeliti, nel libro dell’Esodo, anche noi siamo dovuti scappare lasciando tutto.  Non avevamo Mosé a guidarci, ma avevamo qualcosa che Mosé conosceva bene: la Speranza.

Abbiamo attraversato il deserto, sia fuori che dentro di noi, quasi fosse il mar Rosso e anche le montagne per poter arrivare in Turchia e attendere in pace il momento di ripartire legalmente verso una terra sperata, più che promessa, qualunque essa fosse.

Le ‘piaghe’ però non erano ancora finite e così sono arrivate le ‘cavallette’ sotto forma di virus. Il Covid 19 ha distrutto tutti i nostri campi, cioè i lavori che avevamo trovato. Se non altro il virus è stato molto democratico perché oggi i nostri lavori non sono più né neri, né bianchi, non hanno colore perché non c’è più nessun lavoro. Adesso la preoccupazione maggiore è capire come pagare l’affitto, come mangiare senza avere soldi. Forse le cipolle di quando eravamo schiavi della politica internazionale erano migliori? Ma la manna, non cade più? Le organizzazioni umanitarie che dovevano occuparsi di noi sono state chiuse per mesi per precauzione e oggi ci chiedono di ripassare fra qualche mese. Io continuo a pregare e la mia preghiera è: “Signore, io credo, ma tu aiuta la mia incredulità”.

Non abbiamo avuto parole intelligenti per rispondergli perché non crediamo ce ne siano. Il problema è che, come M, conosciamo tante persone, troppe, possiamo dire, in quelle condizioni.

La “donna di plastica”

Con Gabri chiamiamo così una signora che abbiamo conosciuto.

La definiamo di plastica perché il suo lavoro è cercare e raccattare tutto quello che può trovare di quel materiale. Va in giro per strade e stradine della periferia e del centro trascinando a mano un grosso sacco in cui mette le sue prede. E’ specializzata in bottiglie, teli, fogli, sacchetti che a sera va a rivendere nei magazzini che ne fanno raccolta. Volevamo conoscerla meglio e così, con la scusa di chiederle dove si trovava una strada, abbiamo potuto parlarle. Ci ha detto che sono anni che fa quel lavoro, è sola e lo fa per vivere. Averla conosciuta ci ha permesso di capire come funziona la catena del riciclaggio: si inizia dalla strada, poi i magazzini di raccolta e da lì alle fabbriche che riciclano tutto per ottenere prodotti come coperte, pile, capi di abbigliamento e rivestimenti per gli usi più vari.

Se lei è per noi la donna di plastica, ci sono ancora tanti altri uomini, donne, ragazzi, bambini che lo sono di… metallo, carta, vetro, latta e altro materiale che possono trovare nei cassonetti della spazzatura. E’ nata così un’altra forma di raccolta differenziata che permette però ai bambini di metallo, alle donne di carta, agli uomini di vetro, ai ragazzi di latta di ricavare quello che qui si chiama ‘ekmek parasi’ cioè i soldi per il pane oppure, con una traduzione molto libera ma per noi molto più bella: ‘il frutto di una fatica onesta che si trasforma in pane’.

Proprio ieri, però, un telegiornale turco ha detto che la Turchia sta ricevendo e riceverà sempre più spazzatura dagli Stati Uniti, dall’Italia e da altre nazioni. Questa potrà diventare una minaccia per la donna di plastica e per tutti gli altri, in quanto i grossi ricevitori di tanto materiale saranno sempre meno interessati al lavoro al minuto che i piccoli svolgono strada per strada.

L’ obolo di…

In questo caso non è quello della vedova come nell’episodio del vangelo ma sicuramente quello di una persona speciale. Alcuni giorni fa l’abbiamo incontrata mentre chiedeva un aiuto. In quel momento non avevamo monete con noi e con un sorriso gli abbiamo fatto capire che ci dispiaceva. Inaspettatamente si è rivolto a noi in un buon inglese chiedendoci da dove venivamo. Abbiamo cominciato a parlare un po’ e al momento di salutarci ha messo una mano in tasca e ci ha dato una monetina dicendoci: “ se oggi troverete un povero datela a lui”. Non volevamo prenderla ma ci ha detto “ Voi siete stati gentili

con me, mi avete sorriso e siete rimasti a parlare, siete delle persone buone. Per favore prendetela” e poi ci ha abbracciato. Anche se questo è un momento di distanza sociale non abbiamo avuto cuore di tirarci indietro. Chissà se anche Luca e Marco l’hanno conosciuto prima di scrivere il loro vangelo. ( Luca 21 e Marco 12:41-44 )

Scuola on line

Anche il Dernek (Associazione) in cui si svolgevano le lezioni di turco e di inglese ha dovuto chiudere a causa del virus ma, grazie all’iniziativa di una delle due insegnanti, siamo passati dai banchi ai telefonini. Le lezioni sono proseguite on-line. In questo modo anche se è venuto a mancare uno degli scopi cui teniamo di più, cioè che possano stare insieme donne e ragazze fuori dall’ambiente familiare per poter condividere in piena libertà, almeno quello dello studio si è salvato. Tuttora si continua così finché non sarà possibile fare altrimenti.

Quando?

Gabri ed io stiamo bene. In questa seconda fase della pandemia possiamo uscire ogni giorno dalle 10 alle 20. Stiamo cercando di capire come rientrare in Italia perché dobbiamo fare diverse cose. Il problema è semplice ma fino ad oggi di difficile soluzione in quanto i voli per l’Italia sono pochissimi e continuamente rimandati. Inoltre, per chi arriva da un paese extra europeo come la Turchia, è prevista la quarantena.

Speriamo che in luglio qualcosa possa cambiare.

A voi tutti il nostro abbraccio e l’Augurio di una estate serena.

Rob Gab

Istanbul – Van

Giugno-Luglio 2020.